mercoledì 18 febbraio 2009

MedFra - Paralitico

Meditazione francescana
"Guarigione del paralitico" (Mc 2, 1-12)
il vangelo di domenica prossima (22.02.2009)


Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono così tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola. Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».
Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo cuore ciò che pensavano, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Alzati, prendi la tua barella e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico – alzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua». Quello si alzò e subito prese la sua barella e sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».


Gesù era già conosciuto a Cafarnao. Vi abitò dopo aver lasciato Nazareth e qui iniziò la sua missione: l'esorcismo nella sinagoga, la guarigione della suocera di Pietro, cui seguì la notte dei tantissimi miracoli. Gesù, per sottrarsi alla folla, doveva andare in luoghi deserti, prima che si facesse giorno e, assieme ai suoi amici, si recava in altri villaggi e città della Galilea.. Durante la sua assenza la gente di Cafàrnao si dimostrava stupita, confusa e incuriosita. Si parlava tanto dei miracoli di Gesù e ci si domandava chi era quel Predicatore. Quando Gesù tornò a Cafarnao, la gente di nuovo gli si affollava intorno con curiosità. Gesù ricominciò a parlare e ad annunciare la bella novella del Regno di Dio, mentre la folla aumentava sempre più, riempiendo la casa e lo spazio all'esterno. Cinque uomini vennero troppo tardi per avvicinarsi a lui.

La folla
Alcuni erano accorsi da lontano. Cafarnao era una città che si estendeva per tre chilometri sulla riva del lago di Genezareth: alcuni erano rimasti a casa, non erano convinti e non sapevano se era giusto (dal punto di vista “religioso”) avere a che fare con Lui, poiché durante la visita precedente aveva guarito nel giorno di sabato, durante il quale, secondo la Legge si deve adempiere alla prescrizione del riposo.
Ma questa sua seconda visita non avvenne di sabato, per cui la prescrizione di camminare non oltre 1000 passi non vigeva in quel giorno e non ostacolava il lungo cammino necessario per raggiungere il luogo dove Gesù si trovava. La presenza di Gesù interruppe le attività di quel normale giorno di lavoro. Arrivarono in tanti. Anche se avevano da fare: pulire la casa, pescare, lavorare nei campi, imparare la koinè, acquistare sandali, un pezzo di stoffa e un po' di pane. Ma per questa occasione hanno lasciato tutto e sono venuti in "chiesa", cioè nella casa di Gesù, costituendo così la prima comunità consacrata dalla presenza di Gesù stesso e dall'aver essi sacrificato un po' del loro tempo, della loro attenzione e del loro "essere".
Nessuno doveva insistere con loro, né dare “precetti” per farli partecipare alla liturgia. Venivano perché erano incuriositi, “sfamati” dalle sue parole e dalle sue spiegazioni, desideravano stare alla presenza feconda del Maestro, delle cui meraviglie erano a conoscenza. La camera non era comoda. La gente occupava tutto lo spazio libero: il letto, i posti seduti, la terra, alcuni restavano in piedi, altri si erano radunati fuori. La suocera di Pietro sembrava non essere più padrona di casa sua. E' seduta tra la gente per ascoltare Gesù. Gli Apostoli si sentivano importanti. Erano venuti con Gesù, come se fossero la sua guardia. Ma non erano necessari mediatori per poter essere accolti. Gesù accoglieva con bontà ogni uomo, come se fosse il suo unico ascoltatore.
Anche se non sapevano chi fosse, ascoltavano volentieri le sue parole piene di meravigliosa potenza, profonde. Sentivano interiormente che le parole di quel Maestro raggiungevano gli abissi dei loro cuori. Erano vive, operavano in loro, guarivano interiormente, saziavano in modo inesprimibile. Non sapevano perché, ma sentivano quanto è importante di ascoltarLo.
Nel grande gruppo di gente c'erano tutti: poveri e ricchi, c'erano i bambini sporchi di polvere della strada e i loro genitori, che in quel momento assomigliavano proprio ai loro bambini incuriositi e spontanei. C'erano le persone anziane, con la loro religiosità “costante”, ma stupite da quell'insegnamento tanto nuovo. C'erano anche i farisei, vestiti come sempre, cioè in modo solenne, perché dovevano sempre brillare davanti alla gente. I sempliciotti facevano loro posto, perciò i dignitari potevano sedere vicino a Gesù (e ai suoi Apostoli), per sentire comodamente ogni sua parola. Quelli ultimi si sarebbero scandalizzati per quanto stava per succedere.
Non c'era nulla che potesse assomigliare alla liturgia della sinagoga. Tutto era tanto spontaneo... Ma le persone che erano sopra al tetto facevano sempre più rumore e impedivano di ascoltare Gesù serenamente. Gesù e i farisei seduti accanto a lui vennero sporcati dalla polvere caduta da lassù. I pezzi d'argilla, secca e dura, caddero in mezzo alla gente che era raccolta in quella stanza. Attraverso il foro praticato sul tetto, tutti notarono i quattro furbi che osavano disturbare il Maestro. Così Gesù fu interrotto.
Fu interrotto e si rivolse al paralitico, il cui lettino era stato calato dal tetto. Le parole che rivolse al paralitico provocarono in tutti uno shock: "Figlio, ti sono perdonati i peccati". Erano una bestemmia! Soltanto Dio può perdonare i peccati!
I giudei, udendo una bestemmia, di solito reagivano con tanta agitazione: si strappavano i vestiti, turavano gli orecchi, urlavano e, alla fine, lapidavano la persona che commetteva il peccato di bestemmia. Ma in quel momento erano tanto stupiti che non osarono reagire. Gli Apostoli erano imbarazzati. Le espressioni dei loro visi tradivano inquietudine. In quel momento non erano convinti se era giusto seguire quell'Uomo, che pensavano fosse il Messia. Tutta la gente aspettava in silenzio gli avvenimenti successivi, guardando attentamente gli scribi. La domanda non pronunciata sull'identità di Gesù diventò la Domanda con la "D" maiuscola. “Chi sei Tu?”

Gesù
Gesù decise di tornare a Cafàrnao, dove qualche giorno prima aveva cominciato la sua missione terrena. Sapeva che dopo aver ricevuto e contemplato le prime meraviglie adesso erano pronti e abbastanza incuriositi per ascoltare la Parola. Entrò in una casa. Il Vangelo non dice quale casa era; probabilmente era la casa della suocera di Pietro. La stessa in cui Gesù scoprì davanti agli occhi degli ascoltatori il suo potere divino compiendo i numerosi miracoli diventò la sua casa, il suo tempio, la prima chiesa. La gente sapeva già dove era “la casa di Gesù” (dopo qualche anno questa casa sarebbe diventata il primo luogo delle riunioni della Chiesa primitiva).

Subito si raccolse gente. Per il loro Creatore e futuro Redentore erano come bambini affamati che doveva saziare. Ognuno con la propria storia, ognuno preso della propria realtà, famiglia, lavoro, ambiente. Gesù non vedeva la folla degli anonimi, ma conoscendo il cuore dell'uomo vedeva le persone, ognuna tanto amata...

In quel giorno intendeva per la prima volta dire alla gente chi Lui fosse. Voleva scoprire un po' la propria identità. Solo un po', quanto possono sopportare gli ascoltatori. Era difficile in quell'Uomo, abbronzato, vestito in modo consueto, senza splendore, con i sandali logori e la barba un po' spettinata, riconoscere Dio. “Adesso non lo capiranno, ma fra qualche anno un uomo lo scriverà sulle pagine del suo Vangelo, affinché capiscano”.

Aspettando l'arrivo del paralitico, Gesù insegnava loro. Senza una veste solenne del sacerdote, celebrava la liturgia della Parola. Erano parole vive, non scritte a mano da alcuno. Gesù scriveva le sue parole sulle tavole vive dei loro cuori. Imprimeva in loro un sigillo vivo. Le parole colpivano, scavando le ferite vive mai sanate, come le ferite sulle mani di una persona crocifissa. Era un incontro mistico di Dio con la sua gente. Le parole, come la spada a due tagli, trafiggevano le loro coscienze, spostavano i loro valori e giudicavano le loro decisioni morali, rafforzavano la fede e l'amore. Era un incontro inesprimibile di Dio con l'uomo nella profondità dei loro cuori, profondità irraggiungibile per una parola normale. Gesù toccava in loro il posto intimo riservato per Dio.

Le parole del Maestro di Nazaret hanno una potenza creatrice, incomprensibile per gli spettatori. Gesù creava in loro la realtà nuova: seminava un chicco del suo Regno, piantava un paradiso nuovo, rinnovando la prima creatura con il potere del Creatore. Creava l'uomo nuovo a sua immagine. L'uomo liberato dal peccato.

La prima creatura è stata ferita, contaminata dal peccato. Soltanto Dio aveva il potere di liberare l'uomo da quello stato, di guarire questa malattia, salvare l'anima e il corpo. Gli ascoltatori avevano bisogno di un segno per capire il messaggio.

Sentito il rumore sul tetto, Gesù interruppe il discorso. Sapeva che cosa sarebbe accaduto dopo un attimo: la realizzazione concreta del suo ammaestramento. Una conferma delle sue parole. Il sigillo indimenticabile, convincente. L'apparizione della sua divinità.

Gesù conosceva il cuore del paralitico. Conosceva la sua vita, la storia della sua malattia, il posto nella famiglia, tutto il “suo mondo” limitato, chiuso nelle quattro mura della casa. Conosceva tutte le sue sofferenze collegate alla malattia. Sapeva quante volte bestemmiava nel suo cuore, quante volte mancava d'amore verso Dio e di speranza. Conosceva ogni suo peccato. Penetrando nella profondità del suo cuore, sapeva anche che quell'uomo paralizzato era pronto ad essere riconciliato con Dio, con gli altri e con la propria storia.

Il perdono dei peccati anticipò “l'atto di dolore”. La fede dei quattro portatori anticipò il perdono. La riconciliazione diventò un dialogo tra misericordia e fede.

L'incontro di Gesù con l'uomo si compie nella liturgia. Dopo la liturgia della Parola, che preparava la gente a capire l'azione di Gesù, Egli cominciò a celebrare la liturgia di riconciliazione, di guarigione.

Gesù si rivolse al paralitico: “Figlio”. Il testo originale contiene la parola: “Teknon!” - “Bimbo!”. Gesù apparve nella realtà di Dio Padre. La relazione di Dio con l’uomo è un rapporto tra il Padre e un figlio non maturo, dipendente in tutto dal suo genitore. Figlio che crede di essere sapiente, maturo, autosufficiente, mentre è come il bimbo nelle braccia del suo Genitore. L’unica persona che l'aveva capito e lo stava sperimentando in quel momento era il paralitico stesso.

Ma non sarebbe sembrato più giusto che il paralitico fosse stato prima guarito, per poter confessare i suoi peccati, e poi riconciliato? Dio pensa in modo totalmente diverso. Se il paralitico non fosse stato infermo, la sua attività avrebbe potuto essere un ostacolo per il perdono di Dio, che invece gli è stato dato in modo totalmente gratuito.


Il paralitico
La sua vita sembrava essere una grande sconfitta. Da anni giaceva nudo sotto una coperta. Tutto il suo mondo era costituito dalle quattro mura della sua casa. Invidiava ogni persona che andava a visitare la sua casa. La cosa che desiderava di più era...


Compito: finire questa parte di meditazione (20 minuti)

1 commento:

gabry ha detto...

Prometto che prima di domenica farò la meditazione ;)